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LA VISIONE DELLO STILE DELLA LEGGEREZZA09 Dicembre 2014 |
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Ha ventinove anni, forte e decisa. A tratti algida e a volte passionale. È questa Anja Tufina, style blogger visionaria. Ma, dietro un’apparente spigolosità c’è molto altro. La determinazione di una ragazza che quando era piccola decide di andare in collegio per avere la sua autonomia e a diciotto anni vola in Italia accedendo a un corso di economia in inglese alla Bocconi. La consapevolezza e il desiderio di sperimentare, di testare strade diverse, pur mantenendo vivo il suo obiettivo, “l’importante è arrivare, non importa come”. Ma, Anja è anche la necessità d’insicurezza e libertà che si esprime con la nascita del suo blog The Dolls Factory, un contenitore di storie ed esperienze. Attenzione però, se non volete farla innervosire, non toglietele mai il suo momento di ‘silenzioso beauty’.
Anja, tu che relazione hai con l’esperimento? Io sperimento avendo già un po’ di sicurezza su come sarà il risultato finale. Se dovessi visualizzare un’immagine che rende il percorso che intraprendo per arrivare ai miei obiettivi disegnerei un inizio e poi un cerchio che si aggroviglia per chiudersi infine in modo ordinato su se stesso. Questo perché, se ti è chiaro dove vuoi andare, puoi arrivare allo stesso risultato seguendo mille strade diverse. Che genere di esperimenti fai nel tuo lavoro di blogger? Con il blog io sperimento molto. Ad esempio se dovessi indossare un piumino che magari non rientra nel mio stile, lo metterei cercando di costruire lo style in modo che sia più attinente alla mia personalità. In pratica adatto quell’oggetto, in questo caso il piumino, a ciò che sono io. Quindi, questo processo richiede un grande lavoro di metabolizzazione sia da parte mia ma anche e soprattutto per l’azienda che mi affida quell’oggetto, perché devo riuscire a far comprendere la strada che seguirò per rielaborare il suo prodotto all’interno del mio contenitore. Come è nata l’idea del tuo blog The Dolls Factory? L’ho aperto dopo che sono venuta a Milano, prima vivevo a Madrid. Quando sono arrivata, non sapevo cosa fare e stavo cercando lavoro in seguito alla mia precedente esperienza in “investment banking”, un settore dove uomini e donne lavorano tantissimo, guadagnano molto, senza però avere il tempo di spendere perché sono sempre chiusi in ufficio. Allora mi sono detta “adesso cercherò un lavoro che mi faccia stare fuori”. Forse perché volevo un pò d’insicurezza. E così ho aperto il mio blog, The Dolls Factory, che prende il nome dalla mia casa, una ex fabbrica delle bambole. All’inizio doveva essere un contenitore delle mie esperienze: mostre, eventi e altro. Ma, mentre cercavo lavoro, ho trovato un’azienda americana che faceva consulenza nel lusso e che voleva una figura con la quale il mio profilo non c’entrava assolutamente nulla. Io ho mandato CV e lettera motivazionale spiegando che avevo un background di finanza e marketing ma che non conoscevo la moda da un punto di vista industriale, però ero assolutamente una “fast learner”. E così ho fatto il colloquio su skype ed abbiamo iniziato il mio percorso da consulente del business nella moda.
Sì, anche se queste possibilità vengono principalmente dall’ambiente anglosassone, dove infatti mi sono trovata sempre meglio a lavorare. Forse perché, come loro, sono molto orientata ai risultati. Per gli americani, ad esempio, non è importante cosa fai tu per arrivare al risultato. Loro non fanno i così detti checkup di processo chiedendoti “cosa stai facendo in questo momento?”. Ma, ti dicono questa è la data entro la quale ci aspettiamo questi risultati. La mancanza di quel tipo di controllo è proprio la mia filosofia di vita. L’importante è arrivare, poi come ci sei arrivato non importa. E quindi per te è un po’ questo lo stile della leggerezza? Per me nella vita l’importante è arrivare e per farlo devi definire dei target chiari e raggiungibili. Poi ci puoi arrivare seguendo la strada più lineare oppure per curiosità puoi deviare e andare in situazioni magari più rischiose per poi tornare sulla strada maestra. Credo che la leggerezza, per quanto mi riguarda, sia più legata alla sensazione di quando arrivi al risultato. Lì provi l’alleggerimento, un senso di espansione per aver raggiunto l’obiettivo prefisso nel tempo adeguato. E invece nello stile? Il blog stesso in cui parlo di estetica, moda, beauty e in generale di lifestyle nasce da un’idea di leggerezza, perché non è mai stato un impegno continuo. Non ho mai avuto un piano editoriale tale per cui ogni giorno devo pubblicare un post. Se c’è qualcosa di interessante che sto facendo lo posso anche pubblicare ma senza, ad esempio, scendere sotto casa con l’urgenza di scattare un look. Io racconto delle storie e quindi se c’è un contenuto che devo veicolare, ad esempio un outfit, deve essere integrato nella mia giornata e in quello che faccio. Insomma, devo sentirmi ispirata. Anche le location sono essenziali nei miei scatti, perché contribuiscono alla narrazione. Mentre un oggetto davanti ad un semplice telo bianco non racconta nulla di sé. Credo che qualsiasi cosa abbia una sua storia nell’ambiente in cui viene vissuto. In tal senso, l’importante, ad esempio, non è il vestito che metti, ma ciò che fai con il vestito che metti. L’oggetto in uso per intenderci. Con il tuo occhiale che relazione hai sviluppato? Il mio occhiale è stato una scoperta. Prima di tutto grazie all’analisi dello stile della consulente, una sorta di ‘seduta dallo psicologo’. Non credevo proprio che con gli occhiali potesse uscire tutto il mondo di una persona. Attraverso la sola scelta della forma delle lenti piuttosto che il colore delle aste sono stati evidenziati tutta una serie di elementi del mio vissuto e del mio carattere. Poi, mi è anche piaciuto poter aver riscontro del fatto che a oggi ho indovinato la mia parte beauty, confermando a me stessa che nello stile sono maturata anch’io. Nel tuo caso cosa è emerso? Sicuramente che sono una personalità forte e decisa. E questo è dimostrato dal fatto, ad esempio, che prediligo la lente a vista piuttosto che la montatura perché non mi piace nascondermi. E, infatti, volevo un colore dell’asta che attirasse l’attenzione su di me e così ho optato per un rosso freddo. Mi piace pensare che le persone possano guardarmi, sapere che sono lì. Ovviamente non indosserei mai un colore così acceso, anche se difficilmente mi vesto di nero, però, ho pensato che quel piccolo dettaglio rosso, in un occhiale che non mi nasconde proprio per la trasparenza e il minimalismo, fosse un giusto compromesso che mi consentisse di essere notata. Prima parlavi di beauty, quanto è importante la cura di te stessa? Credo che l’attenzione che si mette nella cura di se stessi sia qualcosa di legato a come noi cresciamo e, quindi, anche ai feedback che riceviamo. Io ricordo che la prima volta che ho messo la crema corpo al muschio di un brand israeliano, che ancora oggi uso, avevo dieci anni. E nel tempo ho continuato perché ricevevo tanti ‘positive reinforcement’ dalle persone che mi dicevano “ah, ogni volta che ti sento hai sempre questo ottimo profumo”. Ed io ho associato il fatto che mettessi questa crema al piacere che suscitavo negli altri oltre alla piacevolezza che provavo nel farmi quel rituale di coccola. Nella vita ho sempre fatto tante cose: ho giocato a livello professionale, allo stesso tempo, sia a basket che a pallavolo, ho intrapreso per una sola settimana un corso di teatro e di pianoforte, poi ho fatto un corso di inglese e di arabo, più varie ed eventuali. Ma, il momento beauty è sempre stato il mio spazio di silenzio, l’unica attività nella vita veramente silenziosa. Perché io anche quando lavoro al computer ho sempre la musica e i rumori della città che mi circondano, mentre il momento beauty è quello isolante. Mi riconnette con me stessa, non ha a che fare con la bellezza nel senso comune del termine, ma con il desiderio di coccolarsi. |
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